18 maggio 2023
Ascensione del Signore, anno A
Mt 28, 16-20
L’evangelista Matteo non riporta il racconto dell’Ascensione del Signore risorto, e conclude il suo vangelo con i versetti che abbiamo ascoltato oggi.
Più che mettere in evidenza la partenza di Gesù, Matteo sottolinea al contrario la sua definitiva presenza in mezzo ai suoi discepoli, alla Chiesa nascente. Nessuno dei verbi di cui Gesù è soggetto parla di partenza, di distacco. Al contrario, tutte le azioni del Risorto parlano di relazione, dicono la vicinanza di Gesù con i suoi.
La prima azione di Gesù è quella di avvicinarsi (“Gesù si avvicinò”, Mt. 28,18): Gesù si fa vicino, e sembra voler colmare la distanza che i giorni della passione avevano creato tra lui e i discepoli. La seconda azione è quella di parlare, di parlare con loro (“e disse loro”, Mt. 28,18), concludendo il suo discorso con il versetto 20, che è una promessa di relazione senza fine: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
Ci soffermiamo un attimo sulle parole di Gesù che, apparentemente, sembrano strane. Perché Gesù dice che a lui è stato dato ogni potere, in cielo e in terra; e quindi i discepoli devono e possono partire, per annunciare a tutte le genti la salvezza: Gesù ha ricevuto ogni potere, perciò i discepoli devono partire. Cosa significa?
Ci dice innanzitutto che il potere di Gesù è un potere che è passato dalla croce.
Viene in mente qui l’episodio riportato in Matteo 20, 20-28. La madre di Giacomo e Giovanni si prostra davanti a Gesù (proprio come fanno i discepoli nel brano di oggi), per chiedergli di dare potere ai propri figli. E Gesù ricorda a lei, e ai suoi figli, che il suo potere passa attraverso un calice amaro, che bisognerà bere fino alla fine (“Potete bere il calice che io sto per bere?”, Mt 20,22).
Ora che Gesù ha bevuto tutto questo calice - l’evangelista Matteo nel racconto del Getsemani parla più volte del calice che Gesù accetta di bere per compiere la volontà del Padre (Mt 26, 39.42) - egli può ricevere dal Padre ogni potere sul cielo e sulla terra.
Il potere sugli uomini in seguito al peccato era prerogativa della morte: era la morte ad aver potere su di loro, a tenerli prigionieri. Ora Gesù ha sconfitto questo nemico, ha strappato gli uomini dalla sua influenza, li ha restituiti alla vita.
La dichiarazione di Gesù ci dice, inoltre, che i discepoli non hanno nessun potere, se non questo, e che solo per questa vittoria di Gesù sulla morte possono partire. Altrimenti, non avrebbero niente da dire e da dare a nessuno. Nella loro missione a tutte le genti, non hanno altro da dare se non quello che il Signore Gesù ha ricevuto dal Padre grazie alla Pasqua. Non fanno un’altra cosa, non fanno qualcosa di nuovo, non devono inventarsi nulla. Partecipano semplicemente della missione del loro Signore, che Lui ha già compiuto per tutti.
Tutto il racconto degli Atti degli Apostoli non farà altro che mostrare questa verità: la Chiesa compie in mezzo ai popoli le stesse opere di Gesù, ridice le sue parole, così come lo Spirito le dà il potere di ricordare e di fare.
Un’ultima annotazione.
Abbiamo detto che i discepoli partecipano della missione del loro Signore, ne proseguono l’opera.
C’è una profonda continuità, dunque, ma anche una novità evidente.
Se, prima della Pasqua, l’opera di Gesù era destinata solo ad Israele (cfr. la donna cananea in Mt 15,21-28 e l’invio dei discepoli, alle “pecore perdute della casa di Israele” con l’ingiunzione di non andare tra i pagani in Mt 10,5-6), qui la missione è per tutti i popoli (“Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli,”, Mt 28,19).
La vittoria sulla morte è una vittoria che Gesù ha ottenuto per l’umanità intera, non solo per alcuni.
La missione della Chiesa è di portare a tutti ciò che Gesù aveva donato ai suoi, adempiendo così ad una vocazione non solo missionaria, ma universale: non c’è popolo, non c’è cultura che non sia chiamata a ricevere la buona notizia del potere di Cristo, quello di dare la Vita eterna a tutti coloro che credono.
+Pierbattista