Omelia di Mons. Pizzaballa alla Messa d'apertura dell'anno accademico allo Studium Biblicum Franciscanum

Published: October 07 Mon, 2019

 

Omelia apertura anno accademico SBF

Salvatore, 7 ottobre 2019

Messa Spirito Santo

Letture del giorno: Giona 1,1 – 2,1.11; Lc 10, 25-37

Lunedì XXVII T.O. dispari; Maria Regina del Rosario

Carissimi fratelli e sorelle,

saluto innanzitutto il decano dello SBF, fra Rosario Pierri, il corpo docenti dello SBF e dello STJ, il personale ausiliario e naturalmente tutti voi, studenti e amici di questa importante istituzione, che ha fatto la storia cristiana della terra Santa. Ha letteralmente fatto storia, ovvero non solo si è imposta alla ribalta locale e internazionale per le sue scoperte archeologiche e i suoi studi biblici, ma ha anche gettato nuova e importante luce sulla storia cristiana della Terra Santa, non solo delle origini, cambiando in maniera sensibile la comprensione della storia cristiana dei primi secoli.

Saluto quanti sono giunti qui quest’anno per la prima volta, e che sono all’inizio dei loro studi a Gerusalemme, pieni di stupore, certamente, di trepidazione ma anche un po’ confusi per la complessità della nostra realtà. Grazie per averci scelto come luogo per la vostra formazione spirituale, teologica e biblica.

La Chiesa di Terra Santa, la nostra Chiesa, viene in genere ricordata e menzionata per essere la Chiesa della sofferenza e del Calvario, delle difficoltà e delle divisioni. Tutto ciò ha certamente la sua parte di verità. Non si può stare a Gerusalemme senza fare l’esperienza del Calvario. Custodire i luoghi della esperienza umana di Cristo, significa anche fare propria quell’esperienza, e il Calvario ci è certamente vicino e lo sentiamo nostro nelle difficoltà quotidiane di ogni genere.

Ma in questa sede vorrei invece menzionare la parte bella e ricca della nostra Chiesa, la parte vitale e costruttiva, la risurrezione, insomma. Sarebbe ingiusto, infatti, e grave mancanza di fede, limitarsi a ripiegarci sulle nostre ferite, a contemplare il nostro dolore, senza alzare lo sguardo e vedere innanzitutto anche il dolore altrui e non solo il proprio, ma anche vedere come lo Spirito susciti continuamente iniziative di vita, di solidarietà, di speranza e di futuro all’interno della nostra Chiesa.

Le numerose istituzioni religiose, proporzionalmente assai più numerose rispetto al numero reale dei cristiani in Terra Santa, sono un segno evidente di vitalità. Nella nostra piccola comunità ecclesiale abbiamo, infatti, una presenza religiosa che è espressione della pluralità delle lingue e dei carismi presenti nel resto della Chiesa universale. Presenza religiosa che, insieme alle parrocchie e alle comunità locali sparse su tutto il territorio, ha un ruolo fondamentale, direi imprescindibile, nel dare alla nostra Chiesa una forma e un’identità precise; e questa consiste essenzialmente in: attenzione alle fasce deboli della popolazione (bambini, disabili, anziani, famiglie problematiche, ecc.); alla formazione ed educazione dei giovani locali (scuole ed università); all’accoglienza dei pellegrini da tutto il mondo (Luoghi Santi); allo studio e alla diffusione dell’amore alla Parola di Dio (Centri biblici); allo studio e formazione teologica di religiosi da e per tutto il mondo (studi teologici).

Oggi siamo qui per ringraziare il Signore per il servizio alla Parola che la nostra Chiesa locale, attraverso di voi, presta alla Chiesa universale. Ecole Biblique, Pontifical Biblical Institute, Studium Biblicum Franciscanum, sono i tre centri principali e i più noti, ma non dobbiamo dimenticare i centri di studi minori, non meno importanti, che si dedicano all’aggiornamento teologico e biblico di sacerdoti e laici che trascorrono qui periodi sabbatici. E vogliamo ringraziare anche per i centri teologici, seminario diocesano, salesiano e francescano, che da generazioni preparano e formano alla vita religiosa e sacerdotale schiere di giovani provenienti da tutto il mondo e che poi porteranno qui e nel mondo la loro esperienza di Terra Santa.

Certamente ho dimenticato qualcuno o qualcosa, ma questo breve quadro è sufficiente per fare comprendere come, se facciamo attenzione, possiamo dire di avere nella nostra Chiesa una ricchezza incredibile di doni, di attività e di presenza.

Sarebbe ingiusto allora limitarci a crogiolarci nei nostri problemi e non aprire gli occhi su quanto il Signore compie ancora oggi tra noi.

Si apre oggi ufficialmente l’anno accademico dello STH e dello SBF, di cui mi onoro di avere fatto parte a suo tempo. In questa occasione, questa Chiesa oggi è piena di sacerdoti, religiosi, religiose e laici di tutto il mondo. È bello vedere come attraverso le istituzioni della Custodia di Terra Santa si possa arrivare a così tanta gente e ringrazio per il prezioso ministero che viene svolto attraverso di voi.

Il Santo Padre ha recentemente istituito una domenica dedicata alla Parola di Dio. È un modo per ricordarci che la vita della Chiesa, il servizio al mondo, qualunque esso sia, deve scaturire da li, dall’Eucarestia e dalla contemplazione della Parola di Dio.

Sono tanti i bisogni e le attività a cui siamo chiamati, il grido di chi attende la nostra attenzione, ma tutto deve essere ricondotto a partire da un centro, un centro che ci unisce, unificante. La realtà della vita, la realtà del mondo è molto complessa. Non è semplice e non è facile rimanere in ascolto di quel grido. Non è facile e non è neanche possibile, se non c’è uno spazio dentro di noi; uno spazio che è una presenza, una presenza di noi a noi stessi. Ma ancor prima la presenza di Dio in noi, perché è lui che ci fa essere presenti a noi stessi e al mondo nella maniera giusta, ordinata e libera da ogni forma di possesso. Se manca questa presenza, manca il nucleo capace di accogliere, vagliare, discernere, ascoltare la realtà; ci manca il criterio di lettura di quello che accade attorno a noi.

Questo sguardo non si improvvisa, ma si forma, si costruisce pazientemente, custodendo il senso di una presenza, alimentandolo e tornando alla sorgente. La preghiera, cioè l’ascolto della Parola di Dio e la celebrazione dell’eucarestia, è il luogo dove questo può accadere.

Lo studio della teologia, dunque, e dell’apparentemente arida esegesi o grammatica accadica, del greco o del siriaco, di Platone o Duns Scoto, non sono un tempo rubato all’ascolto del grido del mondo che ci attende ma, al contrario, sono la prima risposta, necessaria, indispensabile per dare al grido del mondo la risposta di cui ha bisogno.

Lo studio serve, infatti, per dare forma e consistenza a quel centro unificante che nel nostro cuore si deve formare intorno alla Parola di Dio e alla conoscenza teologica di Cristo e che ci permette di diventare un dono per il mondo.

Forse alcuni di voi vorrebbero affrettare la conclusione del loro percorso di studi, che sentono lontano dalla loro sensibilità e inutile, vorrebbero andarsene a fare altro, forse qualcosa sentito come più utile e gratificante. È una tentazione ricorrente, che è simile a quanto ha compiuto il profeta Giona della prima lettura: fugge dal progetto di Dio, perché lui ha il suo progetto, ha la sua idea di salvezza e in quell’idea di salvezza non c’è posto per i niniviti, non c’è posto per il piano di Dio che è così poco ragionevole e comprensibile.

Invece nel piegarci sui libri, nell’inginocchiarci di fronte all’eucarestia vi è la prima risposta, seria, solida, radicale al grido del mondo. Significa portare a Dio quel grido, ma anche ascoltarlo e rispondere secondo il progetto di Dio e non il nostro.

Il Ministero della Parola, dunque, che è il vostro servizio alla Chiesa è il vostro modo concreto e prezioso di “farsi prossimo” (Lc 10, 36), di piegarsi sulle ferite della nostra umanità, bisognosa di dare un senso al suo dolore e di incontrare nei nostri occhi lo sguardo compassionevole del dio misericordioso.

Grazie della vostra presenza e grazie per il vostro prezioso ministero nella nostra Chiesa!

+Pierbattista