Omelia di Natale, Messa del Giorno, 25 dicembre 2017 Available in the following languages:
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Omelia di Natale 2017 – Giorno
Betlemme, 25 dicembre 2017
“E il Verbo si fece carne” (Gv 1, 14).
Qui, dove queste parole risuonano in tutta la loro concretezza, le riascoltiamo con fede attenta e partecipe. Normalmente a Natale, e a Betlemme in particolare, siamo attratti dal farsi carne del Verbo. Il Suo ingresso nella nostra storia e nel nostro tempo, il Suo assumere la nostra condizione umana dentro un determinato e concreto contesto spazio-temporale, il Suo farsi piccolo e umile ci riempie di commozione e di stupita adorazione. Noi stessi stanotte ci siamo attardati a contemplare la via della piccolezza attraverso cui il Figlio di Dio è venuto fino a noi e noi possiamo andare fino a Lui. Questa mattina, però, trascorsa la Notte Santa, quando un giorno santo è spuntato per noi, nella pienezza del Gaudio del Natale, mi pare che la Liturgia voglia condurci a comprendere in piena luce il misterioso scambio che ci ha redenti.
Il Natale è festa di incontro: Dio e uomo, cielo e terra, eternità e tempo, infinito e finito si abbracciano e si uniscono ma senza confondersi, né annullarsi reciprocamente, come accade in ogni incontro ben riuscito. Non dobbiamo perciò e non possiamo eliminare o sacrificare una delle dimensioni del Natale. Il Verbo si è fatto bambino, ma quel bambino è il Verbo eterno in persona, Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero. Basta proclamare questo per essere liberati dal rischio di ridurre o semplificare il mistero del Natale, trasformando la grazia della piccolezza in un sentimentalismo a basso prezzo consolatorio e vuoto.
Il “qui”, che risuona in ogni Liturgia celebrata in questi Luoghi Santi e di cui andiamo giustamente fieri, può fatalmente trasformarsi in un pretesto ideologico per chiuderci nel pregiudizio, nella presunzione, nell’orgoglio identitario che nulla o poco concedono all’altro e al diverso. Gli ingiusti muri esterni, che tanto ci fanno soffrire, possono diventare interni a noi stessi, possono trasformarsi in stili e comportamenti ostili e inospitali. Se stanotte, perciò, abbiamo sostato presso la mangiatoia accogliendo la profezia del Natale, stamane vorremmo innalzarci, con l’aiuto del Prologo di Giovanni, li dove il Natale vuole condurci: alle altezze della gloria di Dio rivelata qui a tutta la terra (cfr Salmo resp).
Sì: il Natale è il Figlio di Dio che viene per tutti e dona a tutti la Sua vita immortale. L’inizio avvenuto qui non conosce confini di spazio e di tempo, come ci ricorderanno i Magi tra qualche giorno. Quel bambino non è soltanto figlio della nostra terra e del nostro popolo: egli è appunto il Figlio di Dio, il Verbo del Padre, il Senso ultimo della vita e della storia. Il Suo farsi carne non limita la sua divinità ma allarga la nostra umanità alle dimensioni di Dio. Diventare uomo, per Lui, non è smettere di essere Dio e farsi piccolo non è rinunciare alla Sua grandezza ma riviverla nella forma del dono e non del possesso.
Dio viene non tanto a confermarci nella nostra piccolezza ma a trasformarla in strada verso la vera grandezza: quella della vita offerta a tutti e così diventare divina, eterna. Dio si fa uomo perché l’uomo diventi Dio, come non cessano di cantare i nostri fratelli ortodossi. La salvezza nostra è tutta in questo scambio, in questo incontro, in questo reciproco aprirsi e donarsi di Dio all’uomo e dell’uomo a Dio.
E noi saremo salvi davvero se sapremo aprirci, se la nostra identità diventerà un’offerta e non un possesso, se sapremo scambiarci gli uni gli altri il dono e il perdono che ci rende fratelli e non nemici in una terra che prima che nostra è del Signore. Le migliaia di pellegrini che, grazie al Cielo, hanno affollato e affollano le nostre strade e i nostri santuari ce lo ricordano continuamente.
È una tensione difficile, lo so, quella di mantenersi aperti e disponibili al dono, in un mondo e in un tempo dove vecchi e nuovi fondamentalismi rendono difficile la relazione cordiale e fraterna; ma è l’unica tensione degna di essere vissuta: è la tensione del Natale! Le tensioni cui ci espone il Mondo sono tensioni che separano, dividono, distruggono, uccidono. La tensione faticosa e beata del Natale invece tiene insieme, unisce, costruisce, fa vivere.
Essere se stessi ma per gli altri, custodire il mio per poterlo donare a te, costruire una casa per ospitare il forestiero, questa è l’umanità di Cristo, questa è l’umanità di Dio. E noi siamo chiamati a essere Dio, a essere perfetti come è perfetto il Padre, perché il Natale ce ne dà la grazia e la possibilità. Ed essere come Dio non significa per Gesù la presunzione di Adamo né la perfezione morale, ma la totale apertura dell’amore, a imitazione di Colui che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (Mt 5,45). E così anche la nostra vita sarà come un’incarnazione del Vangelo, una eco concreta e visibile di quella Parola eterna che dal principio dei tempi fino alla consumazione del mondo, continua a richiamarci all’incontro che salva, all’amore chi vince il male e la morte.
Piccoli sì, dunque, ma aperti, pochi sì ma ospitali, poveri sì ma generosi nel condividere quello che abbiamo per vivere, uomini sì ma figli di Dio: questo è Natale!
+Pierbattista Pizzaballa Amministratore Apostolico