GERUSALEMME - A quaranta giorni dalla scomparsa di Don Anton Odeh Khalil Issa, Canonico del Santo Sepolcro, pubblichiamo qui di seguito la riflessione che Mons. Marcuzzo, Vicario Patriarcale Latino, ha preparato per le sue esequie.
Riflessione in occasione del funerale del Canonico Don Anton Odeh Issa, il 30.12.2020
Concattedrale del Patriarcato Latino di Gerusalemme.
Don Anton Odeh Khalil Issa
“È preziosa agli occhi del Signore la morte dei suoi fedeli” (Sal 116:15).
In questo tempo natalizio, ci ha lasciato ed è ritornato alla casa del Padre il nostro caro confratello il canonico Don Anton Odeh Issa. Egli ha vissuto veramente quello che i primi cristiani chiamavano “dies natalis”, riferendosi al giorno della morte.
Per il rito di esequie, la pandemia del Coronavirus Covid-19 non ci ha permesso di fare un’omelia su questo sacerdote dalla figura molto positiva. La profonda gratitudine che il Patriarcato gli deve e l’amore fraterno che gli portiamo, noi suoi fratelli sacerdoti, ci spingono a pubblicare, invece dell’omelia, questo contributo di riflessione, per un dovere di informazione verso i fedeli e per la loro edificazione.
Abuna Anton ci ha lasciati all’età di 86 anni, all’ospedale 'Shaare Zedek” di Gerusalemme, dove era ricoverato dal 9 dic. scorso e dove è stato anche contagiato dal Coronavirus Covid-19 che, a causa di altre complicazioni di vecchiaia, l’ha portato alla morte. Dal 7 novembre 2020, era ospite del St. Louis Hospital delle Suore di S. Giuseppe di Gerusalemme, dove aveva ricevuto anche il Sacramento dei malati. Da anni, viveva nella residenza del Patriarcato, ritirato da qualsiasi impegno ufficiale, dando sempre la testimonianza di un sacerdote esemplare e, se permettete, sempre accompagnato dal suo inseparabile walker!
I suoi ultimi anni sono stati piuttosto difficili e afflitti da diversi acciacchi, ma non si è mai sentita una lamentela da Abouna Anton. Regolare nella sua vita quotidiana, spirituale e comunitaria, si mostrava sempre contento, sempre riconoscente per qualsiasi piccolo servizio. Breve, con la sua testimonianza non solo di questi ultimi anni ma di tutta la vita, Don Anton ci lascia il ricordo di uno dei migliori e meglio preparati sacerdoti del Patriarcato, e ci consegna un bell’esempio di sacerdote di Terra Santa. In un’atmosfera di speranza pasquale, possiamo veramente cantare la preghiera delle esequie: “In Paradiso ti accompagnino gli Angeli, al tuo arrivo ti accolgano i martiri e ti conducano alla Città Santa di Gerusalemme. Ti accolga il coro degli Angeli e…tu possa godere il riposo eterno nel cielo”.
Figlio della Terra Santa e sacerdote della Chiesa Madre di Gerusalemme
Abuna Anton era nato il 12 marzo 1934 a Jaffa in una famiglia originaria di Aboud, della tribù dei Fawadhleh. Ha seguito le scuole elementari a Jaffa e ad Aboud, e nel 1949 entrò nel Seminario patriarcale latino di Gerusalemme a Beit Jala, mandato da Don Pasquale Appodia. Dall’ottobre del 1954 frequenta il corso di filosofia e di teologia del Seminario maggiore, nell’ottobre 1960 è ordinato diacono e il 29 giugno 1961 sacerdote, nella concattedrale del Patriarcato latino a Gerusalemme, con l’imposizione delle mani di Mons. Mansour Jallad, vescovo ausiliare, diventando così il primo sacerdote nella storia della parrocchia latina di Abùd fondata nel 1910.
Abùd? Per molti, questo nome non dice forse niente di speciale. Per alcuni è un piccolo villaggio poco significante nel centro geografico della Palestina storica (attualmente, al confine tra l’Autorità palestinese e Israele). Ma, Aboud è molto antica, probabilmente di origine biblica; dai primi secoli romani e bizantini ha conservato una comunità cristiana che vi ha costruito ben sette chiese. In una di queste chiese, chiamata “Abudìa, si conserva una piastra, piccola ma significativa, scritta in aramaico palestinese. Un antico manoscritto, chiamato “Evangeliario di Abùd”, in quella stessa lingua si conserva nella Biblioteca apostolica vaticana. Don Anton Odeh veniva da questa comunità cristiana antica, nella sua tradizione di rito latino. Era dunque l’espressione eloquente della presenza e della vita della Chiesa Madre di Gerusalemme.
Ministero pastorale e vicario giudiziale di un’ottima tradizione
Dopo l’ordinazione, Don Anton esercita, per diversi anni, il ministero pastorale come vicario parrocchiale a Zerqa-Sud (1961-63), a Madaba (1963), poi come parroco a Shatana (1964) e come aiutante a Irbed. Nel 1967 è cappellano dell’importante Collegio de la Salle (dei Fratelli delle Scuole cristiane) a Amman, dove assicura l’insegnamento del catechismo nelle classi superiori ed è parroco della comunità parrocchiale centrale a Jabal Hussein.
Nel 1969 avviene la svolta che cambia radicalmente il suo impegno pastorale. È mandato dal Patriarcato a Roma per la specializzazione in Diritto canonico all’Università del Laterano dove nel giugno del 1971 ottiene la licenza in Diritto canonico, e viene nominato coadiuvante del Vicario giudiziale nel tribunale ecclesiastico di Gerusalemme, e nel 1979 è nominato giudice a pieno titolo. Da allora in poi, e per quasi 45 anni (fino al 2015) la sua vita sarà caratterizzata da questo il servizio di giustizia nei diversi tribunali ecclesiastici di Gerusalemme, poi di Amman e infine anche di Nazareth, e a diversi livelli, quello di prima istanza, ma anche di appello.
Si distinse per la sua osservanza rigorosa al Diritto canonico, e in generale per il suo senso di rettitudine. Questa bella virtù, accompagnata da un forte senso pastorale, gli suscitò l’ammirazione di tutti, anche dei responsabili delle altre Chiese cattoliche. A Gerusalemme, è stato delegato anche dalle altre Chiese cattoliche per seguire i casi delle loro comunità: Melchita, Maronita, Armena e Sira. A Nazareth, venne delegato anche dall’eparca greco cattolico di Haifa per seguire i casi d’appello di quella Chiesa in Galilea.
Nel 1979 venne nominato Vicario giudiziale del tribunale, successore di Mons. Selim Sayegh, nominato nel frattempo superiore del seminario e in seguito vescovo vicario patriarcale a Amman. Nel 1988 e per tre anni fa quasi ogni settimana la staffetta con Amman dove è nominato giudiziale per la Giordania, e nel 1995 fa regolarmente la spola Gerusalemme-Nazareth per il tribunale patriarcale d’Israele.
Chi conosce le Chiese del Medio Oriente e specialmente della Terra Santa, si ricorda che il tribunale ecclesiastico si occupa, generalmente, di un duplice lavoro: problemi matrimoniali e anche questioni di eredità, ogni caso secondo il codice d’appartenenza del fedele alla sua comunità speciale e secondo le leggi del suo paese di cittadinanza (Palestina, Giordania, Israele, Cipro).
I sacerdoti e i fedeli sono unanimi nell’affermare che Don Anton ha continuato sulla scia della buona tradizionale e ottima fama del tribunale patriarcale latino di Gerusalemme, incarnata dalle figure indimenticabili di Mons. George Bateh, Mons. Hanna Kaldani e Mons. Selim Sayegh, e alla quale diede lustro e apprezzamento. Possiamo applicare metaforicamente a Don Anton la famosa frase del salmo rivolta al Signore: “Hai sostenuto il mio diritto e la mia causa; siedi in trono giudice giusto… Giudicherà il mondo con giustizia, con rettitudine deciderà le cause dei popoli” (Sal 9,8).
Responsabile della pastorale giovanile e diversi altri impegni
Negli anni ’70-’80, Abuna Anton accettò diversi altri impegni pastorali. Fu responsabile della pastorale giovanile (per 17 anni), cioè della JEC, JOC e JUC. Comincia in quelli anni l’insegnamento del catechismo nelle scuole superiori dello “Schmidt College for Girls” (per 25 anni) la cui direttrice, Helen Khashram, era stata precedente responsabile della JEC. Dal 1975, è cappellano domenicale della scuola interna e del santuario di Deir Rafat e, occasionalmente, aiutante della comunità armena cattolica a Gerusalemme. Il patriarca gli chiese di essere anche membro della “Commissione pellegrinaggi”.=
Nel frattempo, lavora alla preparazione della sua tesi di dottorato che difese “Summa cum laude” il 20 giugno 1975 su “Les Minorités chrétiennes en Terre Sainte”. In collaborazione con il nuovo giudiziale di Amman, Don Ghaleb Bader, traduce in arabo il nuovo testo del Codice di Diritto Canonico del 1983. Lavorò anche per il rinnovo del libro “Statuto personale dei cristiani in Terra Santa” e collaborò a redigere alcune regole pastorali sulle “Linee di condotta in caso di abusi”.
Ebbe la felice occasione anche di curare, per quanto riguarda il processo diocesano e gli aspetti che interessano il tribunale ecclesiastico, la causa di beatificazione delle palestinesi Sr. Mariam Bawardi, carmelitana, e di Sr. Marie Alfonsine Ghattas, fondatrice delle Suore del Rosario, che saranno canonizzate nel 2015; e anche del fratello coadiutore Siman Sruji, salesiano di Nazareth, adesso già venerabile, di cui aspettiamo un miracolo per la tanto attesa beatificazione.
Si diede molta pena per un progetto tanto importante quanto controverso, richiesto persino nelle raccomandazioni del Sinodo Pastorale delle Chiese cattoliche in Terra Santa: la riunificazione dei tribunali ecclesiastici cattolici in Israele, per cui preparò anche un testo di regolamento. Per motivi indipendenti della sua volontà, quel testo e quella iniziativa, purtroppo, non sono ancora stati approvati e adottati.
Ricordo che molti, allora, erano critici per questa molteplicità di impegni. Ebbene, da testimone diretto di quel tempo e di quegli impegni, posso affermare che, a parte certi dettagli pratici, Abuna Anton svolse in modo soddisfacente e fruttuoso il necessario e l’essenziale di tutta la sua missione pastorale. Nel ricordo dei giovani di quella generazione, per esempio, quegli anni ’70-’80 furono considerati tra i più memorabili della JEC-JUC-JOC.
Canonico del Santo Sepolcro e sacerdote esemplare
Nel 1992 il Patriarca G.G. Beltritti lo nominò canonico del S. Sepolcro e, da allora, accompagnò il Patriarca in diverse occasioni officiali. Nel 1993 viene nominato dalla Nunziatura Apostolica a Gerusalemme membro della Commissione bilaterale, sezione giuridica, per l’applicazione del “Fundamental Agreement tra la Santa Sede e lo Stato d’Israele”.
Nel 2009, per motivi di salute, consegnò le sue dimissioni dal tribunale di prima istanza, e nel 1915 anche dal tribunale d’appello. Don Anton è stato, dunque, un sacerdote che lavorò molto e bene, in diversi aspetti del ministero sacerdotale, ma soprattutto nella gestione dei tribunali ecclesiastici. Lavorò molto con regolarità, molta umiltà, modestia e semplicità, senza ricerca di interessi personali, senza aspirare a cariche e senza ostentazione, e comunque senza la minima ombra di aspetti negativi nella sua testimonianza di sacerdote. Mantenne buoni rapporti con tutti, soprattutto con i sacerdoti che mai ebbero da trovare motivo di conflitto o disaccordi con un confratello così buono, serio, di poche parole, cooperativo e disposto a qualsiasi servizio pastorale.
Il patriarcato deve essere fiero di questo sacerdote. Il suo esempio è stato e sarà di stimolo e di incoraggiamento per sacerdoti, seminaristi e fedeli nella storia della comunità locale. Il patriarcato latino, in particolare, e la comunità cristiana di Terra Santa, in generale, gli devono molta e sincera riconoscenza, per questo gli diciamo coralmente: “Grazie tante, caro Abuna Anton, per tutto quello che hai fatto, per come l’hai fatto e per quello che sei stato”!
Gli ultimi anni, soprattutto gli ultimi cinque, furono anni di pensione e di meritato riposo che Don Anton trascorse nella residenza patriarcato nella preghiera, nella lettura, nella vita semplice di comunità dando un grande esempio di serenità e di bontà. Persino nel suo tempo di ritiro e d’infermità, non mancava di alcuni interessi sani. Coltivava, per esempio, una ricerca di tutto quello che poteva avere relazione con il suo amato Abùd (storia cristiana, chiese antiche e il famoso “Evangeliario di Abùd” di cui il manoscritto si trova nella Biblioteca apostolica vaticana). Era rimasto molto attaccato al suo paese d’origine che, senza causare il minimo disturbo, aveva ogni tanto il piacere di visitare e di far visitare agli amici.
Compartecipe della Passione di Cristo
La tradizione cristiana afferma che “il sacerdote è un altro Cristo” e, nelle sue eventuali sofferenze, è un partecipe della passione di Cristo, come del resto sono tutti i cristiani. Nelle ultime settimane, ospite dell’ospedale St Louis di Gerusalemme, possiamo dire che Don Anton ha partecipato, con le sue diverse complicanze di salute, alla passione di Gesù Cristo sopportando sofferenze e dolori con pazienza e tranquillità, con la sua regolarità alla preghiera, dando a tutti e sempre una profonda testimonianza di bontà e di buon umore, di un uomo all’animo forte e di un sacerdote sottomesso alla volontà del Signore.
Possiamo applicare a Don Anton le espressioni dell’apostolo San Paolo al suo discepolo Timoteo: “Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno, e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione” (2 Tim. 4,6-8).
Dovere di raccogliere la sua ricca eredità umana, sacerdotale e professionale
Molti fedeli, soprattutto i suoi concittadini, non son potuti venire oggi a Gerusalemme per il saluto finale, come avrebbero voluto. Solo alcuni stretti cugini e parenti hanno ottenuto il permesso per assistere al pio e mesto commiato qui a Gerusalemme. Nei prossimi giorni e settimane, saranno celebrate certamente delle sante messe nel suo paese e nelle parrocchie dove Don Anton ha prestato servizio. In futuro, quando la pandemia sarà terminata, in tutte le regioni del Patriarcato, sarà doveroso organizzare incontri di commemorazione (“Ta’been”) per ricordare il caro defunto, raccogliere la bella, preziosa e abbondante eredità umana, cristiana, sacerdotale e professionale che il Canonico Don Anton Odeh Issa ci ha lasciato, per riviverla e trasmetterla.
Allora ripetiamo con gratitudine il salmo 112 che veramente si può applicare a un uomo che ha dedicato quasi tutta la sua vita alla giustizia: “Beato l'uomo che teme il Signore e trova grande gioia nei suoi comandamenti… Felice l'uomo che…amministra i suoi affari con giustizia, perché non vacillerà mai; il giusto sarà ricordato per sempre. Il giusto non vacillerà in eterno... Eterno sarà il ricordo del giusto. La sua giustizia rimane per sempre, la sua fronte s'innalza nella gloria. (Sal 112.1,5-6,9).
+Giacinto-Boulos Marcuzzo
Vicario patriarcale latino. Gerusalemme
Gerusalemme, 30 dic. 2020